L’allattamento al seno riveste una grande importanza nella salute del neonato. Fino a quando è giusto o suggerito mantenere un allattamento al seno esclusivo?
Queste conclusioni sono ufficialmente condivise da Società Italiana di Pediatria (SIP), Società Italiana di Neonatologia (SIN), Società Italiana delle Cure Primarie Pediatriche (SICuPP), Società Italiana di Gastroenterologia Epatologia e Nutrizione Pediatrica (SIGENP) e Società Italiana di Medicina Perinatale (SIMP).
Le indicazioni ufficiali dell’OMS sull’allattamento esclusivo al seno
Come ormai tutti sanno, l’OMS raccomanda l’allattamento al seno esclusivo per 6 mesi.
Parlando con diverse mamme però ho notato che non sempre l’importanza di questa finestra di allattamento esclusivo è tenuta in sufficiente considerazione, un po’ perché si pensa che per anni i bambini hanno assunto latte formulato crescendo benissimo, ma molto soprattutto perché i pediatri non informano a sufficienza le mamme degli ultimi studi e le linee guida attuali che sottolineano l’importanza di un allattamento protratto fino al sesto mese compiuto, in maniera totalmente esclusiva.
Cosa significa allattamento esclusivo?
Precisiamo bene cosa significa allattamento esclusivo: significa non dare altro che latte, quindi niente tisane, niente camomilla e niente acqua.
Questi alimenti non fanno di per sé male, ma nei primi 6 mesi di vita il latte (sia quello materno che quello formula) soddisfa tutti i bisogni del neonato: lo nutre, lo disseta e lo idrata. Questo è particolarmente vero nel caso del latte materno, avendo questo una composizione diversa a seconda del tempo di suzione: in principio è molto ricco di acqua e leggero per poi essere invece più ricco di grassi e sostanzioso. In questo modo se il bimbo ha sette farà una poppata breve col primo latte, mentre per nutrirsi aumenterà i tempi.
Per quanto riguarda l’introduzione di altri cibi o bevande, bisognerebbe quindi attendere il compimento del sesto mese di vita del bambino, ma spesso i genitori si trovano di fronte a consigli diversi. I propri genitori ad esempio potrebbero caldeggiare lo svezzamento fatto da loro 30 anni, ma anche da alcuni pediatri, che onestamente non capisco proprio, continuano a propinare modelli di allattamento ormai superati.
Allattamento esclusivo al seno: le posizioni delle maggiori società scientifiche
Le società scientifiche che si occupano di bambini sono ormai tutte concordi nel sostenere con solide motivazioni le indicazioni promosse dall’OMS.
Le indicazioni del passato da abbandonare
In passato l’indicazione più ampia 4-6 mesi si è basata principalmente su:
- le ridotte evidenze scientifiche di una protezione contro l’allergia oltre i 4 mesi di allattamento esclusivo
- l’opportunità di non introdurre tardivamente gli alimenti diversi dal latte materno per sfruttare il periodo di copertura immunologica fornita dal latte materno contro nuovi antigen
- il possibile calo di produzione del latte materno con rischio di relativa malnutrizione
- la possibile carenza di ferro (sideropenia).
Nessuna di queste motivazioni tuttavia è sufficiente per riproporre il ritorno alla vecchia raccomandazione 4-6 mesi.
Il ruolo del pediatra
Considerando che una raccomandazione è pensata per tutelare la salute della maggioranza della popolazione, ma non di tutta, sta al pediatra seguire la crescita del singolo bambino e cogliere eventualmente la necessità di attuare interventi per la gestione dell’allattamento o di rimandare la mamma a figure specializzate e di sostegno, in modo da garantire la crescita ottimale fino al momento dell’alimentazione complementare.
Spetta sempre al pediatra identificare il momento in cui il latte materno eventualmente non basti e non ci sia più spazio per recuperarne la produzione dando consigli specifici e competenti.
La curva di crescita dei bambini allattati esclusivamente al seno
La crescita del bambino allattato al seno in maniera esclusiva va però valutata correttamente, perché è diversa da quella del bambino allattato in maniera mista o con latte formulato.
Il riferimento di crescita adeguato è quello delle Growth Chart dell’OMS, peraltro suggerite anche dal Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie (CDC) statunitense e la loro utilità nella promozione dell’allattamento esclusivo materno è di particolare rilevanza fra i 3 ed i 6 mesi di vita del bambino. Mentre nei primi 3 mesi la crescita minima settimanale risulta di 150-200 gr/settimana, quella dai 4 ai 6 mesi risulta di soli 100-150 gr/settimana.
Le disposizioni attuali sull’allattamento esclusivo e l’inizio dello svezzamento
Valutata quindi correttamente la crescita e nell’ottica di una promozione dell’allattamento al seno, l’obiettivo di migliorare la tolleranza all’introduzione dei vari antigeni è assolutamente compatibile con un’alimentazione complementare avviata alla fine del 6° mese di vita, nonostante alcuni pareri diversi.
L’ESPGHAN (European Society for Paediatric Gastroenterology Hepatology and Nutrition), in una visione prevalentemente gastroenterologica, suggerisce di iniziare lo svezzamento non prima dei 4 mesi e non dopo il 6° compiuto, pur restando i 6 mesi “a desirable goal”.
La Canadian Society of Pediatrics indica 6 mesi.
L’American Academy of Pediatrics identifica il momento giusto con un “all’incirca al 6° mese”, che tiene conto non solo delle istanze allergologiche e gastroenterologiche, ma anche del documentato rapporto dose-effetto fra allattamento al seno esclusivo e beneficio di salute per il bambino (riduzione del rischio di obesità) e per sua madre (riduzione del rischio di cancro al seno).
L’Autorità Europea della Sicurezza Alimentare (EFSA) si allinea su una formula di compromesso, che spinge a sostenere ove possibile il goal dei 6 mesi: l’allattamento esclusivo al seno fornisce una nutrizione adeguata fino a 6 mesi di età per la maggior parte dei bambini, mentre alcuni possono avere bisogno di alimenti complementari prima di 6 mesi (ma non prima di 4) , oltre all’allattamento materno, al fine di sostenere la crescita e lo sviluppo ottimale.
La carenza di ferro
Per quanto riguarda il ferro, alcuni autori hanno di recente suggerito l’utilità di anticipare lo svezzamento a partire dai 4 mesi per fornire cibi più ricchi di ferro rispetto al latte materno, ma in realtà la revisione di questi ricercatori è stata fatta sui soli 3 studi clinici controllati randomizzati disponibili, condotti su piccoli campioni e con breve follow-up. Bisogna piuttosto considerare che i nati a termine, allattati esclusivamente al seno, solitamente mantengono normali scorte di ferro per 6 mesi e non richiedono una supplementazione.
Lo sviluppo psicomotorio del neonato
Da ultimo non va dimenticato che la decisione di avviare l’alimentazione complementare non può ignorare la valutazione dello sviluppo psicomotorio del bambino.
Lo svezzamento infatti presuppone un bambino competente, che stia seduto, pronto alla manipolazione, masticazione e deglutizione del cibo, tappe che sono solitamente raggiunte a 6 mesi.
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1 commento
Buongiorno
Allatto mia figlia che ha 14 mesi quasi esclusivamente al seno. Ogni tanto assaggia il cibo solido ma poi non ne vuole sapere. Sta benissimo e pesa 12 kg.