Queste conclusioni sono ufficialmente condivise da Società Italiana di Pediatria (SIP), Società Italiana di Neonatologia (SIN), Società Italiana delle Cure Primarie Pediatriche (SICuPP), Società Italiana di Gastroenterologia Epatologia e Nutrizione Pediatrica (SIGENP) e Società Italiana di Medicina Perinatale (SIMP).
Come ormai tutti sanno, l’OMS raccomanda l’allattamento al seno esclusivo per 6 mesi.
Si nota però una certa incostanza riguardo a questa raccomandazione da parte di alcune società scientifiche o enti governativi nazionali, specie in Europa, tanto da generare un dibattito fra l’opzione 4-6 mesi e l’opzione 6 mesi.
L’opzione 4-6 mesi si è basata principalmente su:
a) le ridotte evidenze scientifiche di una protezione contro l’allergia oltre i 4 mesi di allattamento esclusivo
b) l’opportunità di non introdurre tardivamente gli alimenti diversi dal latte materno per sfruttare il periodo di copertura immunologica fornita dal latte materno contro nuovi antigeni
c) il possibile calo di produzione del latte materno con rischio di relativa malnutrizione
d) la possibile carenza di ferro (sideropenia).
Nessuna di queste motivazioni tuttavia è sufficiente per riproporre il ritorno alla vecchia raccomandazione 4-6 mesi.
Considerando che una raccomandazione è pensata per tutelare la salute della maggioranza della popolazione, ma non di tutta, sta al pediatra seguire la crescita del singolo bambino e cogliere eventualmente la necessità di attuare interventi per la gestione dell’allattamento o di rimandare la mamma a figure specializzate e di sostegno, in modo da garantire la crescita ottimale fino al momento dell’alimentazione complementare.
Spetta sempre al pediatra identificare il momento in cui il latte materno eventualmente non basti e non ci sia più spazio per recuperarne la produzione dando consigli specifici e competenti.
La crescita del bambino allattato al seno in maniera esclusiva va però valutata correttamente, perché è diversa da quella del bambino allattato in maniera mista o con latte formulato.
Il riferimento di crescita adeguato è quello delle Growth Chart dell’OMS, peraltro suggerite anche dal Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie (CDC) statunitense e la loro utilità nella promozione dell’allattamento esclusivo materno è di particolare rilevanza fra i 3 ed i 6 mesi di vita del bambino. Mentre nei primi 3 mesi la crescita minima settimanale risulta di 150-200 gr/settimana, quella dai 4 ai 6 mesi risulta di soli 100-150 gr/settimana.
Valutata quindi correttamente la crescita e nell’ottica di una promozione dell’allattamento al seno, l’obiettivo di migliorare la tolleranza all’introduzione dei vari antigeni è assolutamente compatibile con un’alimentazione complementare avviata alla fine del 6° mese di vita, nonostante alcuni pareri diversi.
L’ESPGHAN (European Society for Paediatric Gastroenterology Hepatology and Nutrition), in una visione prevalentemente gastroenterologica, suggerisce di iniziare lo svezzamento non prima dei 4 mesi e non dopo il 6° compiuto, pur restando i 6 mesi “a desirable goal”.
La Canadian Society of Pediatrics indica 6 mesi.
L’American Academy of Pediatrics identifica il momento giusto con un “all’incirca al 6° mese”, che tiene conto non solo delle istanze allergologiche e gastroenterologiche, ma anche del documentato rapporto dose-effetto fra allattamento al seno esclusivo e beneficio di salute per il bambino (riduzione del rischio di obesità) e per sua madre (riduzione del rischio di cancro al seno).
L’Autorità Europea della Sicurezza Alimentare (EFSA) si allinea su una formula di compromesso che spinge a sostenere ove possibile il goal dei 6 mesi: l’allattamento esclusivo al seno fornisce una nutrizione adeguata fino a 6 mesi di età per la maggior parte dei bambini, mentre alcuni possono avere bisogno di alimenti complementari prima di 6 mesi (ma non prima di 4) , oltre all’allattamento materno, al fine di sostenere la crescita e lo sviluppo ottimale.
Per quanto riguarda il ferro, alcuni autori hanno di recente suggerito l’utilità di anticipare lo svezzamento a partire dai 4 mesi per fornire cibi più ricchi di ferro rispetto al latte materno, ma in realtà la revisione di questi ricercatori è stata fatta sui soli 3 studi clinici controllati randomizzati disponibili, condotti su piccoli campioni e con breve follow-up. Bisogna piuttosto considerare che i nati a termine, allattati esclusivamente al seno, solitamente mantengono normali scorte di ferro per 6 mesi e non richiedono una supplementazione
Da ultimo non va dimenticato che la decisione di avviare l’alimentazione complementare non può ignorare la valutazione dello sviluppo psicomotorio del bambino.
L’alimentazione complementare infatti presuppone un bambino competente, che stia seduto, pronto alla manipolazione, masticazione e deglutizione del cibo, tappe che sono solitamente raggiunte a 6 mesi.
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